Una visita guidata esperta (un amico che oramai dedica il suo tempo a portare piccoli gruppi itineranti romani attraverso le mostre più belle d’Italia) è senz’altro la scelta giusta, per inoltrarsi in questo fantastico sogno che durerà più di tre ore.
La location è uno dei palazzi più rappresentativi di Roma per la sua immensa bellezza : “Palazzo Braschi” che per alcuni mesi, ospita nelle sue sale più rappresentative abiti meravigliosi provenienti da diverse e singole collezioni di tutta Italia.
Una mostra che racconta la storia di un secolo del costume cinematografico italiano.
Impossibile non soffermarsi fin dall’ingresso, ad ammirare l’imponente scalinata di marmo sottilmente illuminata, la maestosità degli affreschi dei soffitti e le sue statue di marmo che sembrano invitarci ad entrare in epoche passate. Dai primi novecento ad oggi, sembra che il tempo si rimasto in sospeso..
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Ideata dalla cineteca di Bologna che riunisce per la prima volta, tutti i nomi più noti dei costumisti italiani che hanno fatto storia, la Mostra apre la scena con un regalo di riconoscenza al film della “Grande bellezza” che quest’anno, ha vinto l’oscar italiano.
Inizia una musica di sottofondo di Valzer di Donizetti, mentre la “Masini” gioca sull’altalena e fa da protagonista come icona felliniana, nella foto della locandina della Mostra, sparsa un po’ ovunque.
Nella prima sala emergono illuminati i due vestiti del film del regista Sorrentino, che inspirato dalla scuola Felliniana, vince qui l’oscar anche per il costume: Protagonisti solitari, un mantello in seta verde petrolio indossato dalla musa “Sabrina Ferilli” e l’abito firmato “Hermunt & Blaine” indossato dal protagonista del film, soprannominato “Jack Gambardella” (nella vita, Tony Servillo ) Camicie made in Napoli di casa “Rubinacci” ed occhiali da sole “Rayban”.
Un video gigantesco che prende quasi l’intera saletta con l’immagine esile della “Bertini” ed un abito rosso fuoco in stile greco, interpretano in scena Il melodramma di “Assunta Spina”.
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Si susseguono poi stanze dedicate ai severi “Borgia” del 1920 ed a Gino Cervi ,che interpreta i costumi del film di “Ettore Fieramosca”, del 38’, dove il costumista fa emergere tutta la sua originalità nella semplicità dei suoi abiti civili e delle armature del suo eroe- guerriero.
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Poi eccoci nella sala dove i manichini sono tutti di spalle, per evidenziare e risaltare il prezioso ricamo floreale ed il lavoro manuale degli abiti bianchi bordati a mano. Tessuti scolpiti arabescati e d’oro tesori del film di “Alessandro Blasetti “ dal titolo: “La corona di ferro” (dei primi anni 40’) L’artista in questo caso è : “Sensani Giancarlo, che per la prima volta nella storia, rende più leggeri degli abiti medievali, spogliandoli della loro pesantezza.
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Ma eccoci entrare nella mia sala preferita, dedicata interamente al film altrettanto premio oscar per i costumi: “Il Gattopardo” (1963) di Luchino Visconti, dove, Piero Tosi, veste i personaggi delle scene della festa principale. Soffermandoci in sala, ho la sensazione di essere uno in più degli invitati. E’ un regalo prezioso riuscire a vedere da vicino e nei particolari tutti quegli abiti di scena, che nel film restavano nella memoria sfumati dall’importanza mitica, dei suoi protagonisti.(Burt Lancaster nel ruolo del Principe don Fabrizio di Salina)
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Ecco poi che “Fellini”, ci riporta ai suoi sogni, nel video una giovane “Masini”, col cappello che gioca sull’altalena. Mentre da una porta ci affacciamo ad una piccola saletta equidistante, una splendida ricostruzione di “Giulietta degli Spiriti”, rappresentata da un solitario manichino seduto su una struttura di legno, un’altalena fiorita; Vestito da un lungo velo trasparente, fermato sul capo dal suo cappello.
Le facciamo compagnia.
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Sussegue la singolare stanza africana di “Pasolini”, dove la coppia formata da “Farani” con “Donati” dona un importante accenno alla prima modernità del costume di scena.
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Sono utilizzati tutti materiali nuovi ed inconsueti per quegli anni, ma soprattutto nasce in quest’epoca la famosa “Macchina infernale” . Conosciuta con questo soprannome, ancora oggi, nella sartoria, per indicare i macchinari industriali che si preoccupano di asciugare prima e plissettare poi, gli abiti. All’epoca era una pressa in legno composta da due ripiani rivestiti di metallo, dove si stendevano gli abiti bagnati. Grazie a due carrucole e delle bombole a gas, questi ripiani si surriscaldavano, cosi il materiale degli abiti si asciugava e faceva il famoso effetto “plissé”!
Ecco poi, gli abiti del film “Amacord” (1973) di Federico Fellini ed una stanza intera dedicata alla “Bottega Tirelli”, famosa per essere una delle più grandi sartorie teatrali e cinematografiche italiane di tutti i tempi. Con la collaborazione di Tosi nascono dopo il Gattopardo, costumi di film dei grandi film Viscontiani degli anni 70’ del calibro di : “Morte a Venezia”, “Ludwig “e ”L’innocente”. Durante quegli stessi anni, “Casa Tirelli” collabora anche per le più grandi opere teatrali e musicali del panorama Italiano.
Vediamo nelle foto come esempio il vestitio di “Maurizio Millenotti” tratto dal film “Anna karenina” (1997) indossato dall’indimenticabile attrice francese, Sophie Marceau.
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Una sofisticata “Audrey Hepburn” che interpreta Natascha ci attende nel video principesco della stanza dedicata al film “Guerra e Pace”, di “King Vidor” (1955 – 56).
La collezione di abiti riprende il nome della protagonista del film e ci riportano ad uno stile infantile quasi fanciullesco che distingue la costumista “De Matteis” ed il suo splendido lavoro di ricerca dell’espressività psicologica dei personaggi del film, espressa attraverso i suoi abiti. La maggior parte di essi è in stile impero e risalta il lavoro del ricamo dei cavallucci in velluto e strass dell’abito principale della Hepburn, in color avorio. In aiuto alla De Matteis, la firma Gattinoni ed il suo atelier.
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Gli anni 70’ sono rappresentati dalla scuola del costumista Magrini che lavora per i noti : “Bertolucci”, ma anche per “Antonioni”, “Ferreri” e “Monicelli”.
Rappresentati ed indistinguibili i film “Ultimo tango a Parigi” e il “Conformista” , nelle foto gli abiti anni 40’ indossati da “Stefania Sandrelli” e “Dominique Sanda,, .
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La seconda parte dell’itinerario fiabesco si divide poi nelle tre sale principali e più rappresentative:
Quella intitolata “l’Armadio delle Meraviglie” dove troviamo i più rappresentativi accessori del cinema: Scarpe, cappelli, corazze, parrucche e corsetti . Tutte creazioni di “Pieroni” un grande laboratorio italiano, conosciuto per la produzioni di accessori cinematografici e di teatro che fornisce ancora oggi calzature per i film in costume di tutto il mondo. Nelle foto sono rappresentate le scarpe del film “L’ultimo Imperatore”, i sandali d’oro a zeppa realizzati per “Elizabeth Taylor” nel personaggio di Cleopatra e parrucche d’Epoca, firmate “Rocchetti”.
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Infinite le varietà e la leggerezza dei costumi della sala dedicata a “Milena Canonero”: Abiti ottocenteschi , cappelli, corsetti, guanti, piume e costumi . Rappresentati fra i più famosi gli abiti settecenteschi di Maria Antonietta firmata nientemeno da “Sofia Coppola”; Ma anche abiti dei film di S. Kubrick, Coppola e Pollack con la mia Africa. Cosi come abiti ed accessori delle scene delle opere più rappresentative vestite sempre dalla Canonero, che ha lavorato per diversi anni collaborando per l’Opera House di New York e la scala di Milano.
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Manichini papali in contrasto con busti di marmo precisamente illuminati : E’cosi rappresentata l’ultima sala importante dedicata a temi clericali. Divisa fra gli abiti di “Taviani”, tratti dal film “Habemus Papam” (di Nanni Moretti) e la stanza di Fellini dedicata a “Roma” dove sfilano i costumi stoffe delle geometrie e le pesantezza degli abiti clericali di “Danilo Donati” , nello sfondo di quadri d’epoca e a tema di pittori, altrettanto importanti.
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Per finire mi dimentico per un attimo dell’abito e mi perdo con lo sguardo nell’immensità degli affreschi del soffitto dell’ultima sala…
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La Mostra è finita, ed è talmente bella, che mi viene voglia di tornarci ancora mille volte. Grazie al prezioso lavoro della cineteca di Bologna, che ha ridato vita e movimento per alcuni mesi ad abiti meravigliosi che sarebbero rimasti di repertorio sconosciuto a molti e che probabilmente, sarebbero rimasti perduti dietro la scena di un ultimo ciak.
Mayura Malenotti
foto di alcune bozze degli abiti